In occasione del Giubileo 2025, e alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Fondazione Severino e la Fondazione Pastificio Cerere presentano BENU, l’installazione site-specific e permanente realizzata dall’artista Eugenio Tibaldi e curata da Marcello Smarrelli, destinata a entrare a far parte del patrimonio della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia “Germana Stefanini”. L’opera, visibile anche dall’esterno a partire dall’11 dicembre 2025, rappresenta un nuovo tassello del percorso di apertura culturale e umana promosso dalle due fondazioni all’interno degli istituti penitenziari.
Realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo e con il patrocinio del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e del Ministero della Giustizia, il progetto si ispira alla figura mitologica del Benu, volatile sacro agli antichi Egizi e simbolo di rinascita, dalla cui iconografia è poi derivata la fenice.
Nell’interpretazione di Tibaldi, la creatura mitologica diventa un messaggio di rigenerazione rivolto alle donne detenute, invitandole a superare simbolicamente i confini della reclusione. L’opera è infatti il risultato di un percorso creativo partecipato, avviato nel settembre 2024 attraverso visite, incontri preparatori e laboratori sul disegno, inteso come linguaggio universale capace di liberare emozioni e costruire dialoghi.
Le testimonianze delle partecipanti raccontano l’impatto emotivo dell’esperienza: «Il laboratorio è stato un modo per evitare di chiudersi nella bolla», «Non pensavo come le persone che credono nel futuro, invece così sì», «Ogni progresso nasce dalla scelta di provarci ancora». Tibaldi afferma: «È stata un’esperienza intensa che ha modificato la mia visione del mondo. Ho percepito la responsabilità e la possibilità di un nuovo ruolo per la mia ricerca artistica».
Dal lavoro condiviso sono nate due fenici luminose, collocate su alte aste all’interno del perimetro del carcere, in posizioni visibili sia dalle stanze delle detenute sia dagli spazi interni ed esterni dell’istituto. La loro luce, però, non è automatica: le sculture si illuminano grazie all’energia prodotta dalle detenute attraverso cyclette collegate a generatori. Un gesto fisico e simbolico che trasforma l’impegno quotidiano in luce concreta.
«BENU è più di un’opera d’arte», sottolinea Paola Severino, Presidente della Fondazione Severino. «È il risultato di un percorso condiviso che genera bellezza, dialogo, fiducia. Le fenici luminose raccontano una storia di riscatto possibile». Per il curatore Marcello Smarrelli, l’opera «attinge dalle narrazioni più intime delle donne detenute, restituendo dignità e suggerendo nuove possibilità».
Le due sculture, visibili anche dall’esterno, diventano così un ponte simbolico tra il carcere e il quartiere: un segno di vita e di connessione con la città.
