Omicidio di Fregene, si ipotizza un complice
Sono ancora molti i punti da chiarire e i comportamenti assunti soprattutto dal figlio della Camboni e dalla sua compagna Giada Crescenzi
Giada Crescenzi potrebbe aver agito con il supporto di altra persona nell’omicidio di Stefania Camboni, la donna di 58 anni uccisa a Fregene nel comune di Fiumicino nella scorsa settimana. A sostenerlo è il Gip della procura di Civitavecchia Viviana Petrocelli che sta conducendo le indagini. Una vicenda che assume sempre più contorni poco chiari a partire dai dubbi che sarebbero stati espressi dal compagno della Crescenzi.
Intanto la donna resta in carcere perché sussistono rischi di inquinamento delle prove. La donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di convalida del fermo. È stata disposta quindi un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. A detta del suo legale Anna Maria Anselmi, Giada Crescenzi risulterebbe molto provata e ribadisce sempre la sua estraneità ai fatti. L’arma del delitto e il telefono della vittima non sono ancora stati trovati. Da quanto emerso dall’autopsia, la 58enne è stata uccisa nel sonno con oltre venti coltellate, con diversi colpi inferti in punti vitali, soprattutto alla gola e al cuore. Nelle prossime ore le forze dell’ordine torneranno nella villetta per portare a termine accertamenti irripetibili.
La versione dei fatti, fornita dalla Crescenzi, è apparsa al gip «inverosimile, illogica e del tutto inidonea a confrontarsi con i primi riscontri tra cui le ricerche fatte su internet e relative sul come avvelenare una persona, su come rimuovere le tracce di sangue su lenzuola e scarpe. Insomma sono ancora molti i punti da chiarire e i comportamenti assunti soprattutto dal figlio della Camboni e dalla sua compagna Giada Crescenzi. Poi il giallo del ritrovamento dell’auto della Camboni nella cunetta a un centinaio di metri dalla villetta e del portafoglio della stessa vittima, tra le sterpaglie, a poca distanza dall’auto.