L'operazione

Mafia nigeriana e tratta di essere umani, sei arrestati

Le giovani vittime arrivavano a Roma con la promessa di un lavoro e poi venivano costrette a prostituirsi

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Viaggi tortura su mezzi di fortuna tra violenze fisiche, psicologiche e sessuali dalla Nigeria fino a Roma, dove venivano costrette a prostituirsi, e in caso di rifiuto venivano rinchiuse in casa, a digiuno, e impedito loro ogni contatto con le famiglie nel paese di origine. È questo quanto ricostruito dal Sevizio Centrale Operativo e dalla Sisco di Roma e di Brescia insieme al Servizio per la Cooperazione di Polizia e al Reparto Prevenzione Crimine che hanno arrestato sei cittadini nigeriani.

Accusa di associazione mafiosa

L’accusa per loro è di associazione mafiosa, tratta di esseri umani, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, sequestro di persona, estorsione e procurato aborto. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e l’operazione si è svolta contemporaneamente tra la Capitale, Brescia e l’Islanda. L’inchiesta è partita dopo la denuncia di una ragazza che era stata spinta a venire in Italia con la promessa di un lavoro. È così che gli inquirenti sono riusciti ad individuare altre vittime, anche minorenni, che accompagnate da un ‘boga’, sottoposte a ogni tipo di violenza, dalla Nigeria hanno attraversato il Niger e la Libia, da dove si sono poi imbarcate per raggiungere Pozzallo.

Chiuse in casa senza cibo e senza contatti con la famiglia

Arrivate a Roma il posto di lavoro promesso si rivelava essere la strada, e se le giovani e giovanissime si rifiutavano di prostituirsi venivano rinchiuse in casa senza cibo e senza poter avere alcun contatto con la famiglia. Modalità tipicamente mafiose quelle documentate dagli inquirenti, con intimidazioni anche ai familiari delle vittime per richiedere ed estorcere denaro come rimborso per il viaggio. È stato anche ricostruito come una giovane è stata costretta ad assumere farmaci pericolosi per l’interruzione del suo stato di gravidanza, tanto da rischiare la morte, per farla continuare a prostituirsi.