Per i giudici d'appello di Roma, l'omicidio dell'avvocata Martina Scialdone, avvenuto all'esterno di un ristorante il 13 gennaio 2023, non fu un'azione premeditata. Per questo la condanna per l'ex, l'ingegnere Costantino Bonaiuti, è stata ridotta dall'ergastolo del primo grado a 24 anni e 8 mesi. I giudici della Corte d'Assise d'Appello hanno inoltre riconosciuto per l'imputato le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle altre aggravanti: i futili motivi e il legame sentimentale.
La madre della vittima, alla lettura della sentenza, non ha nascosto la sua amarezza. "Sono veramente delusa - ha detto Viviana - mi aspettavo una conferma dell'ergastolo. Giustizia non è stata fatta, in altri femminicidi sono state avvalorate le condanne all'ergastolo". Per l'associazione 'Insieme a Marianna', organizzazione contro la violenza sulle donne costituitasi parte civile, la "sentenza di oggi lascia profondamente interdetti. Resta il fatto che ormai l'aggravante della premeditazione è diventato una specie di oggetto misterioso nel nostro ordinamento. Resta una sensazione di stordimento di fronte a una pronuncia che defalca non solo la pena, ma anche il quadro probatorio di primo grado", afferma l'avvocata Licia D'Amico.
I giudici hanno quindi parzialmente respinto le richieste della Procura generale, che aveva sollecitato la conferma della condanna al carcere a vita per il 62enne che era presente in aula al momento della lettura del dispositivo ed è rimasto impassibile. Il fatto avvenne nella zona dell'Appio Latino. Quella tragica serata Bonaiuti era uscito di casa con una pistola, una Glock, regolarmente detenuta con una licenza utile però solo per fini sportivi, e che quindi non poteva portare in luoghi aperti. La ragazza aveva scelto quel giorno per comunicargli la volontà di chiudere la relazione sentimentale: un rapporto in crisi, con l'uomo che bersagliava la ragazza con messaggi continui al cellulare e la controllava costantemente tramite un gps.
Il femminicidio maturò al culmine di una violenta lite: Scialdone voleva mettere la parola fine a un "legame tossico". I due avevano incominciato a litigare nel ristorante, una discussione davanti a molti clienti che era salita di tono in pochi minuti, tanto che la giovane cercò di rifugiarsi nel bagno. "Fatti i c... tuoi", così Bonaiuti rispose al proprietario del locale, intervenuto per cercare di far tornare la calma tra i due, vedendo la ragazza in lacrime. Una situazione tesa, al punto che il ristoratore allertò il numero di emergenza 112. La lite tra i due, però, proseguì anche fuori dal locale. Bonaiuti cominciò a strattonare la ragazza, a tenerla per un braccio, fino al tragico epilogo: quel colpo di pistola sparato a pochissima distanza che non lasciò scampo a Martina.
Dalle carte dell'indagine è emerso inoltre che Bonaiuti, intorno alle 23:30, telefonò all'ex moglie, con cui conviveva, riferendole di aver sparato a Martina a causa di "un colpo partito per sbaglio". Nel corso del processo di primo grado sono stati ascoltate una serie di testimonianze fornite dalle amiche della vittima, da cui emergevano i timori di Martina per quella serata. "L'ho sentita preoccupata - ha detto una teste - e le ho detto di chiamarmi per raccontare cosa accadesse. Ricordo che una volta raccontò di essersi un po' spaventata - ha aggiunto la testimone - in quanto, durante una lite, Costantino era diventato 'un cane rabbioso'". Martina aveva paura anche la sera del femminicidio, tanto da chiudersi in bagno in lacrime. Poi lo sparo davanti al locale gremito di gente.