editoria

Libri alati: dal sogno alla realtà. Il progetto

Petilia Policastro, il borgo calabrese che rinasce grazie ai libri: la rivoluzione gentile di due cuori coraggiosi

Libri alati: dal sogno alla realtà. Il progetto
Pubblicato:

A cura di Ilaria Solazzo

In un angolo nascosto dell’entroterra calabrese, nel cuore della provincia di Crotone, un piccolo borgo chiamato Petilia Policastro è diventato simbolo di rinascita e speranza grazie alla cultura. Il merito è di un progetto unico: “Libri Liberi”, nato dalla visione e dall’amore per l’arte e la comunità di una coppia che ha scelto di tornare alle proprie radici per cambiare il mondo partendo da casa.

“Libri Liberi” non è una semplice libreria, ma un laboratorio di idee, un presidio culturale diffuso, uno spazio libero e gentile dove chiunque può prendere un libro, portarlo con sé, donarne un altro. Niente tessere, niente scadenze. Solo libertà. E amore per la conoscenza.

Il tutto nasce da una donazione: una piccola casa affacciata su Vico Leone, vicolo un tempo abbandonato che oggi brilla di vita grazie al recupero di quattro casette trasformate in luoghi di cultura. I libri arrivano da tutta Italia e anche dall’estero. Alcuni sono stati redistribuiti in ospedali, altri sono finiti negli chalet della Sila. I titoli più letti? Manga, saghe come Harry Potter e libri in lingua originale.

Ma non solo libri. I murales colorati, disegnati a mano, accolgono i bambini, che si ritrovano a giocare con la “campana” tracciata a terra, proprio come si faceva una volta. Un ritorno alla semplicità che sorprende e scalda il cuore, in un’epoca dominata dalla tecnologia.

Le scuole dei paesi vicini organizzano visite, incuriosite da un luogo che insegna a leggere con il cuore. Petilia, intanto, diventa un esempio di turismo culturale di prossimità e molte comunità italiane stanno replicando il modello.

In un tempo in cui i borghi si svuotano e le librerie chiudono, “Libri Liberi” è un atto di resistenza dolce, silenzioso ma potentissimo. Un dono alla collettività. Un gesto rivoluzionario nella sua semplicità.

“Non ci verrà chiesto quanto avevamo in banca, ma quanto amore abbiamo seminato lungo il cammino”, dicono con un sorriso. E la loro storia ne è la prova.

Petilia Policastro, Calabria
Un confronto ideale con Il Barone Rampante di Italo Calvino

"Cosimo non scese più. Lo videro un’ultima volta tra i rami degli alberi... e da lì costruì un mondo nuovo", Italo Calvino, Il Barone Rampante.

In una terra dove spesso la cronaca parla di partenze e abbandoni, Libri Liberi nasce come un’azione coraggiosa e silenziosa di resistenza culturale. Il progetto, ideato e portato avanti da Manuela Arminio, è un’iniziativa di promozione della lettura e creazione di spazi culturali aperti alla comunità, in un territorio periferico come Petilia Policastro, in Calabria.

Proprio come Cosimo, il protagonista del Barone Rampante di Italo Calvino, che decide di salire sugli alberi per cercare un modo nuovo di vivere, Manuela ha scelto di "salire" sopra le difficoltà strutturali, economiche e sociali del suo contesto per dare vita a un’idea: rendere i libri liberi davvero, accessibili a tutti, ovunque, anche nei luoghi dove nessuno li aspetta più.

Con biblioteche spontanee, laboratori per bambini, scambi di libri, letture pubbliche e un coinvolgimento attivo dei cittadini, Libri Liberi non è solo un progetto culturale: è un atto d’amore verso il territorio.

Da dove nasce l’idea di Libri Liberi? C'è stato un momento preciso, una scintilla?
L’idea nasce dalla constatazione, semplice ma dolorosa, che nel mio paese mancavano spazi culturali accessibili, in particolare per i più giovani. Nessuna biblioteca comunale funzionante, nessun punto di riferimento stabile per lettori e curiosi. La scintilla è arrivata un giorno, osservando una bambina che sfogliava con entusiasmo un libro trovato per caso su una panchina. Lì ho capito che la fame di storie esiste anche dove non ci sono scaffali. Ho deciso di agire, anche in piccolo, per portare i libri fuori dai luoghi istituzionali, e restituirli alla comunità come bene comune.

Quanto è difficile “piantare libri” in una terra dove spesso si emigra per cercare futuro?
È difficile e, allo stesso tempo, profondamente necessario. Qui, chi resta spesso si sente dimenticato, senza alternative. La cultura può essere uno strumento per riappropriarsi del proprio territorio in maniera nuova, consapevole. Piantare libri significa lottare contro l’idea che il sapere sia riservato a chi se ne va. Vuol dire dire ai giovani: “Non devi per forza partire per imparare, per crescere, per sognare”. È una sfida, ma anche una speranza concreta.

Qual è stata la reazione della comunità locale? C’è stato scetticismo, entusiasmo?
All’inizio c’è stato un po’ di scetticismo, com’è normale che sia. In contesti abituati alla carenza, le novità generano sospetto. Ma poco alla volta, con la continuità e il coinvolgimento diretto, Libri Liberi è diventato un progetto riconoscibile. Le persone hanno iniziato a portare libri da casa, i bambini aspettano i laboratori, gli anziani si fermano a leggere sulle panchine. La comunità ha risposto con una forma di partecipazione autentica, lenta ma solida. È la dimostrazione che la cultura è contagiosa, quando è condivisa.

C’è un libro che per lei ha rappresentato ciò che Libri Liberi rappresenta per Petilia?
Sì, ed è proprio Il Barone Rampante di Italo Calvino. È un libro che parla di ribellione, ma anche di visione. Cosimo sale sull’albero per protesta, ma da lì costruisce un punto di vista nuovo sul mondo. Libri Liberi è il mio albero: un gesto radicale, ma non isolato. È una scelta che vuole cambiare lo sguardo, creare connessioni, far crescere rami di cultura dove sembrava impossibile. E poi, proprio come Cosimo, anche io credo che si possa vivere nel proprio paese senza dover rinunciare alla libertà del pensiero.

Hai mai pensato di mollare tutto? E cosa l'ha spinta a continuare?
Sì, ci sono stati momenti difficili, soprattutto quando mi sembrava che gli sforzi non portassero risultati visibili. La mancanza di fondi, l’indifferenza istituzionale, la fatica logistica… tutto questo può scoraggiare. Ma ogni volta che un bambino mi chiede un libro “più lungo perché quello corto l’ha già finito”, ogni volta che una mamma si ferma a parlare di lettura, mi ricordo perché ho iniziato. Continuo perché vedo che qualcosa cambia, lentamente ma realmente.

Cosimo, nel Barone Rampante, decide di non scendere più dagli alberi. Lei ha trovato il suo albero?
Sì, e il mio albero è fatto di scaffali, parole e incontri. È invisibile, ma cresce ogni giorno grazie alla fiducia delle persone che mi stanno accanto e che credono che la cultura sia un diritto e non un privilegio. Ho scelto di non “scendere” perché credo che il punto di vista della cultura, anche nei luoghi più difficili, sia il più alto che possiamo adottare. Ed è da lì che possiamo ricostruire, con pazienza, un futuro diverso.

Come nasce “Libri Liberi”?
Tutto è nato da una donazione: una piccola casa in un vicolo dimenticato. Abbiamo voluto trasformarla in qualcosa di bello, un luogo di comunità. Così è nata la libreria. Poi abbiamo recuperato altre tre casette vicine.

Cosa vi ha spinto a tornare a Petilia dopo anni all’estero?
Il bisogno di restituire qualcosa a questo paese. Siamo cresciuti qui, e tornare significava dare un senso profondo alla nostra vita.

Cosa rende unica questa libreria rispetto a tutte le altre?
La libertà. Non ci sono regole, né tessere. Ognuno può prendere un libro, tenerlo, donarne uno. I libri viaggiano come ali.

Avete incontrato ostacoli?
Sì, soprattutto economici. Abbiamo investito di tasca nostra. Ma il sorriso dei bambini e l’affetto della gente ci ripagano di tutto.

Vi siete mai sentiti scoraggiati?
A volte sì. La diffidenza fa male. Ma andare avanti è stato naturale: la nostra missione è seminare amore e bellezza.

Cosa vi emoziona oggi più di tutto?
Un bambino che ci ha chiesto se doveva restituire il libro. Gli ho detto “No, è tuo per sempre.” Quel sorriso lo ricorderò per sempre.

Che tipo di libri offrite?
Un po’ di tutto. Romanzi, saggi, libri per bambini, manga, testi in lingua originale. Alcuni arrivano persino dall’estero.

Quali sono i libri più richiesti?
I manga sono i più richiesti, anche se sono difficili da reperire. Poi Harry Potter va fortissimo.

Come reagiscono le persone che vi vengono a fare visita?
Con stupore, meraviglia. Tanti ci scrivono anche dall’estero. Ci ringraziano. Alcuni sono diventati amici.

C’è qualcuno a cui dovete un grazie speciale?
A tutti coloro che ci donano libri. Ma in primis ad una famosa imprenditrice umbra, che con la sua generosità ci ha stravolto la vita. Ora è parte della nostra quotidianità. Noi la adoriamo.

I murales e la campana disegnati a terra, nelle vicinanze della libreria, hanno colpito i bambini… vero?
Non ci aspettavamo che li apprezzassero così tanto. Pensavamo che non ci avrebbero giocato. Invece... si divertono come matti.

Che ruolo ha l’arte in questo progetto?
Fondamentale. L’arte racconta, colora, accoglie. È un linguaggio universale che rende il progetto ancora più vivo.

Siete stati presi a modello da altre realtà?
Sì, ed è bellissimo. Essere copiati è la nostra più grande vittoria. Significa che il seme è stato piantato.

Cosa rappresenta per voi Petilia Policastro?
Casa, cuore. Ovunque andiamo, immaginiamo come portare un pezzetto di mondo qui. Petilia è sempre nel nostro pensiero.

Cosa manca ancora al paese secondo voi?
Un cinema, una piscina, spazi per i bambini. È triste che nel 2025 ci siano ancora servizi culturali assenti nei piccoli centri.

C’è un ricordo dolce che vi portate nel cuore; tuttora?
Un pigiama party in libreria con i bimbi della scuola dell’infanzia, tutti lì alle 17 con le maestre. I genitori aspettavano fuori. Indimenticabile.

Cosa leggevate da piccoli?
Uno dei primi libri che ho letto con entusiasmo si chiamava Piccola Dorrit. Con mio fratello leggevamo i “Gialli Junior”. Mio marito i fumetti.

In casa vostra ci sono sempre stati libri?
Sempre. Essendo figli di docenti, la lettura era parte della nostra quotidianità.

Come rispondete a chi vi definisce “coraggiosi”?
Per noi è stato naturale. Non pensavamo servisse coraggio. Solo tanto amore da restituire.

Una citazione che sentite vicina?
Alla fine non ci verrà chiesto quanto avevamo in banca, ma quanto amore abbiamo seminato lungo il cammino.

“Custodi di storie, seminatori di futuro”

C’è un paese in Calabria che, a uno sguardo distratto, potrebbe sembrare uno dei tanti luoghi dimenticati dal tempo. Vie antiche, case di pietra, silenzi interrotti dal vento e dai passi lenti di chi resta. Ma basta fermarsi un momento, varcare certe soglie, osservare certi sguardi, per accorgersi che lì, a Petilia Policastro, batte un cuore pulsante e ostinato che ha il profumo della carta stampata e il suono delle voci dei bambini che leggono ad alta voce.

È il cuore di Manuela Arminio e Giuseppe Caruso. Due anime gentili e tenaci, due custodi del senso profondo della cultura. In un tempo che corre veloce e spesso dimentica gli ultimi, loro si sono fermati. E hanno scelto di restare. Di seminare storie dove nessuno più seminava, di raccogliere sogni dove altri avevano smesso di cercare.

Mentre parlavo con loro, non potevo fare a meno di pensare a un film che amavo da ragazza: La città incantata dei libri – quel tipo di racconto in cui i protagonisti, contro ogni aspettativa, decidono di salvare i libri da un mondo che li sta bruciando, dimenticando, archiviando in fretta. Non con la forza, ma con la cura. Con la dedizione quotidiana, con la convinzione che ogni libro regalato sia una mano tesa, un gesto d’amore.

Manuela è come la protagonista di quel film: silenziosa, ma potente. Una donna che ha scelto la lettura come forma di resistenza, come atto rivoluzionario. Quando ti parla di Libri Liberi, ti accorgi che per lei non è un progetto, ma una missione. Ha il tono di chi crede che anche un solo libro, lasciato su una panchina, possa cambiare la traiettoria di una vita. La sua voce è quella di chi ha visto la luce nei luoghi bui, e ha deciso di riaccenderla per tutti.

Giuseppe, invece, è come il compagno di viaggio che non si prende la scena, ma senza il quale il cammino non sarebbe possibile. È l’uomo che costruisce silenziosamente, che sorregge, che accoglie. Ha lo sguardo di chi sa quanto valore abbiano le piccole cose: una mensola montata in un luogo abbandonato, un libro riparato con cura, un bambino che torna a chiedere “ne hai un altro?”. La sua forza è la dolcezza, l’essere sempre dove serve, con umiltà e con coraggio.

Insieme, Manuela e Giuseppe non sono solo due promotori culturali. Sono un presidio umano di bellezza. In un luogo dove troppo spesso si raccontano solo mancanze, loro offrono abbondanza: di tempo, di ascolto, di parole.

Hanno trasformato Petilia in una piccola città incantata dei libri, dove ogni volume è un mattone per costruire un futuro diverso. Dove la cultura non è più un privilegio, ma un diritto, una festa, un gesto di comunità.

In loro ho riconosciuto qualcosa di profondamente raro: la capacità di amare il proprio territorio non per ciò che offre, ma per ciò che può diventare. E quell’amore, che sa di terra, di sacrificio e di poesia, è il più potente dei motori.

Lasciando Petilia, avevo con me una copia di un libro che Manuela aveva consigliato. Ma soprattutto avevo con me una certezza: in un’epoca in cui tutto sembra consumarsi in fretta, ci sono ancora persone che decidono di coltivare ciò che dura. E in quella coltivazione lenta e paziente, c’è il seme di una rivoluzione silenziosa, che parte dai libri… ma arriva al cuore.